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Salute, tra diritti e doveri

Aggiornamento: 4 ago 2019



In continuità con quanto affrontato nell'articolo sulla Sanità Pubblica (https://bit.ly/30Nb1s8 ) in cui veniva rimarcato il gap tra la domanda e l'offerta inerente i servizi psicologici, come Paz ci domandiamo se la salute mentale sia un diritto e/o un dovere effettivamente riconosciuto e tutelato.


La Sanità Pubblica fatica a dare risposte concrete ed efficaci alle richieste di aiuto dei cittadini, i quali sono costretti a rifugiarsi nel privato o in forme di privato sociale (chi ha già la fortuna economica di poterselo permettere!) oppure, situazione più diffusa, a soccombere al proprio malessere.


Diversamente da quanto sostenuto nei LEA, ovvero i Livelli Essenziali di Assistenza che il Sistema Sanitario Nazionale e le regioni dovrebbero garantire alla comunità, i servizi psicologici/psicoterapici non risultano accessibili e fruibili come dovrebbero. In effetti, la situazione odierna è rappresentata da liste di attesa lunghissime e conseguenti tempi di “presa in carico” biblici, una selezione per “priorità clinica” per potere accedere e trattamenti consistenti in percorsi brevi, brevissimi (i famosi pacchetti di 6/8 sedute!) con risultati poco utili e, probabilmente, anche poco soddisfacenti.


L'Italia spende in cure sanitarie psichiatriche 75,5 euro annui pro capite ed eroga a questo fine il 3,5% della spesa sanitaria totale; nei Dipartimenti di Salute Mentale, soltanto il 6,5% è rappresentato da attività di tipo psicologico/psicoterapico (Rapporto salute mentale, Analisi dei dati del Sistema Informativo per la Salute Mentale, 2017).


Ogni 100 mila abitanti si registrano: meno di 6 psichiatri, poco più di uno psichiatra infantile, circa 4 specialisti diversi dagli psichiatri, meno di 24 infermieri psichiatrici, quasi 4 psicologi, meno di 3 operatori sociali, 3 terapisti occupazionali (Atlante 2017 della Salute Mentale, 2017).


L’accesso ai servizi di salute mentale è garantito esclusivamente a quei cittadini che versano in condizioni gravi e di grande crisi, esponendo i pazienti meno gravi e/o in condizioni di maggior svantaggio socio-economico al rischio di peggioramento o cronicizzazione, con grandi ricadute in termini di costi economici e sociali.


Secondo gli ultimi dati diffusi da Cittadinanzattiva, dati riferiti al 2017, oltre un cittadino su tre (il 37,3% del totale, il 6% in più rispetto all’anno precedente) aveva difficoltà ad usufruire del servizio pubblico sanitario. Allo stesso modo, in tempi più recenti, è stato pubblicato il “PIT Salute”, che denunciava un incremento delle difficoltà di accesso dei cittadini al servizio pubblico, sia per le lunghe liste di attesa, che per i costi delle prestazioni (PIT Salute, 2018).


Questi dati mostrano un'assenza di risorse nell'ambito della salute mentale, in termini di servizi psicologici offerti e fruibili. All'interno della Sanità Pubblica, gli psicologi ed i servizi erogati rappresentano un numero minimo e non bastano a far fronte alla mole di richieste provenienti dalla cittadinanza. Ciò è probabilmente dovuto allo scarso investimento nel settore “Psicologia”: psicologi non assunti, minimo turn-over, pochi Dirigenti psicologi per sede e, se fortunati, qualche psicologo convenzionato o borsista e tanti (troppi!) tirocinanti che portano avanti le strutture. Dunque, la scarsità di investimenti economici si traduce in scarsi posti di lavoro e, soprattutto, in una inefficienza rispetto alla gestione della sofferenza mentale.


La nostra salute dipende da tanti fattori, sia soggettivi che “oggettivi”, come l’ambiente in cui viviamo e i servizi a cui abbiamo possibilità di accesso come una casa, un lavoro, un reddito, l'istruzione, la sanità e la possibilità di cura, spazi di socializzazione.

La possibilità di accedere alle cure mediche e psicologiche ed usufruire del proprio diritto alla salute rappresentano un importante fattore di protezione dal rischio di sviluppare patologie.

Sempre più ricerche pongono l'accento su come la salute, sia mentale che non, sia strettamente connessa alla condizione sociale ed economica, in termini di sicurezza/insicurezza percepita, generando o incentivando malattie organiche e/o sofferenza psicologica fino ai casi estremi di suicidio.


Esercitare il proprio diritto alla salute, cosi come sancito dalla Costituzione Italiana (art. 32), gioverebbe sia al singolo cittadino, in termini di salute e qualità della vita, sia al Sistema pubblico sanitario, in termini di un più ampio risparmio economico. Sappiamo infatti come gli interventi psicologici o psicoterapeutici siano in grado di generare effetti sulla salute nel breve, medio e lungo periodo, con costi vantaggiosi in termini di risparmi e minori oneri sanitari e sociali.


Nonostante l'efficacia degli interventi psicologici sia oramai ampiamente riconosciuta, il gap tra domanda e risposta ai bisogni individuali e collettivi permane. Molti cittadini, potenziali pazienti, rimangono esclusi e le loro esigenze inascoltate per una mancanza di attenzione ed efficienza nella Sanità Pubblica.


La stessa Giulia Grillo, Ministro della salute, sostiene che, all'interno della Sanità Pubblica, la salute mentale sia stata per anni trascurata e i suoi professionisti marginalizzati; da qui, la necessità di ristrutturarne l'organizzazione interna. A tal fine è stato infatti istituito, a partire da Gennaio 2019, un “Tavolo tecnico della Salute Mentale” che, come Paz, ci auguriamo possa essere utile a rispondere in maniera costruttiva ai bisogni della nostra categoria e della comunità.


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