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Cronicità e Cure Primarie: Verso un Modello Evidence Based

Dalla definizione di salute dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come uno stato di benessere nel quale la persona è consapevole delle proprie capacità, in grado di affrontare le normali difficoltà della vita, lavorare in modo utile e apportare un contributo alla comunità, passando per il programma IAPT (Improving Access to Psychological Therapies) promosso dal National Health Service britannico a partire dal 2008, le terapie psicologiche si delineano sempre più come indispensabili nella promozione di un welfare sostenibile.


Un ambito di intervento nel quale risulta essere sempre più fondamentale l’intervento dello Psicologo sono le malattie croniche, definite dall'OMS come problemi di salute che richiedono un trattamento continuo durante un periodo di tempo da anni a decadi. Le patologie croniche rappresentano circa il 70% della spesa sanitaria e sono associate nel 35% dei casi a una condizione di distress psicologico che incide significativamente sull'autogestione della patologia, le complicanze, l'aderenza ai trattamenti, la qualità della vita ed i costi sanitari e sociali. La presenza di problematiche psichiche nella persona con cronicità aumenta i costi correlati alla malattia in media di circa 3500 euro a persona per anno, per un totale di 2.8 miliardi di euro.

Nei pazienti complessi, ad esempio diabetici, e stato evidenziato (Lin et al. 2010) che la depressione è un fattore predittivo di maggiori complicanze, con un rischio maggiore del 36%, rispetto ai diabetici non depressi, per le problematiche microvascolari e del 25% per le problematiche macrovascolari. Il miglioramento degli aspetti psicologici nelle patologie croniche, migliora l’outcome clinico in media del 39%, e la sopravvivenza dell’11%. Si stima che ogni euro speso per migliorare gli aspetti psicologici nelle condizioni croniche, produce un risparmio di 2.5 euro. (1)


Il libro verde “Migliorare la salute mentale della popolazione - verso una strategia per la salute mentale per l’Unione Europea” stima che ben un cittadino su quattro abbia sofferto nell’arco della propria vita di una patologia psichica. Il costo socio-sanitario stimato è notevole, pari al 3-4% del PIL una cifra enorme rispetto ai costi che avrebbe l’implementazione di un appropriato servizio di Cure Primarie per il trattamento delle problematiche in questione, stimato in circa lo 0,01% del PIL.

Secondo lo studio inglese di Kelleher e colleghi, all’incirca il 15% della popolazione generale soffre di disturbi dello spettro ansioso e depressivo, con un costo sociale elevatissimo stimato attorno ai 21 miliardi di perdita economica globale annuale che si traduce in 11 miliardi di mancati introiti fiscali (Kelleher et al, 2010).

Callahan et al. (2002) in una rilevazione della relazione tra sintomi/diagnosi di depressione e consumo di servizi medici evidenziano come un maggiore utilizzo di prestazioni sanitarie specialistiche, di emergenza e della diagnostica di laboratorio, avvenga da parte dei pazienti con depressione. I pazienti con disturbo d’ansia o di panico utilizzano i servizi di emergenza dieci volte in più dei pazienti che non presentano tale disagio psicologico e il 70% di questi pazienti sono visitati da almeno dieci medici, prima di ricevere la diagnosi appropriata.


Secondo gli studi del Centre for Economic Performance della London School of Economics and Political Science (LSE www.lse.ac.uk) il costo della psicoterapia per un paziente depresso è stimato attorno ai 1000 euro mentre per la società il guadagno è di circa 1400 euro sui costi diretti per riduzione delle spese sanitarie (ridotti casi di rinvio al settore secondario, diminuzione di ricoveri dei quali circa metà degli accessi per sintomi fisici acuti non sono dovuti a cause organiche, consulenze ed esami specialistici, uso di farmaci) a cui vanno aggiunti circa 4000 euro di QALY (Quality Adjusted Life Years; unità di misura impiegata nelle analisi costi-benefici equivalente all’aspettativa di vita di un anno in condizioni di buona salute), riguardanti la riduzione dell’inabilità lavorativa e dei periodi di mutua (per ogni soggetto che guadagna circa 1200 euro al mese, il PIL prodotto in più è di 1300 euro, pari a 1,1 mesi in più di lavoro all’anno), il mantenimento della salute sulla lunga durata con diminuzione delle ricadute, l’aumento del benessere psicologico e della produttività sociale (0,55 anni di salute in più nei 2 anni successivi pari a 0,2 QALY). In totale 5800 euro complessivi, per un guadagno netto di circa 4800 euro per paziente.

Il rapporto dell’OMS 2008, “Primary Health Care. Now More Than Ever”, ribadisce l'importanza di adattare le cure primarie di salute mentale alle caratteristiche dei differenti contesti nazionali e territoriali. Con l’esperienza di modelli innovativi per la gestione di malattie croniche, come il Chronic Care Model (Bodenheimer, Wagner 2002)”, la fase diagnostica e la cura nei servizi territoriali si affermano come strategie cruciali. In particolare per quelle problematiche di salute, come i disturbi depressivi (Callahan et al. 2002) e/o ansioso-depressivi (Revickia et al. 2012), che sono al contempo tra i più diffusi e tra i meno diagnosticati e trattati.

Nei Paesi Bassi, la figura del PCP (Primary Care Psychologist) è stata istituita a partire dagli inizi degli anni ’80 e allo stato attuale ogni abitante viene rimborsato per un totale di 8 consulenze e, fino a 12, con quota assicurativa suppletiva.

Nel Regno Unito invece, è stata compiuta una vera e propria rivoluzione di politica sanitaria nazionale, attraverso il programma di intervento IAPT (Improving Access to Psychological Therapies), promosso dal National Health Service. Un’attenta review della letteratura ha dimostrato la pari efficacia del trattamento psicologico rispetto a quello farmacologico, associato ad una maggiore azione preventiva sulle ricadute rispetto a quest’ultimo. Per tali ragioni, le linee guida dell’istituto britannico NICE (National Istitute for Clinical Science) suggerivano per tali pazienti il trattamento psicologico di 16 sedute accompagnato solo nella fase acuta dal trattamento farmacologico.

Il sistema inglese prevede un modello di implementazione a raggiera di collegamento territoriale coordinato da un nucleo centrale di riferimento, al quale medici di base e operatori del SSN fanno riferimento per l’invio, con il compito primario di accoglimento della domanda e invio al servizio territoriale di riferimento. I nodi territoriali sono rappresentati da ambulatori specifici di cura psicologica attivati all'interno di strutture già presenti, coinvolgendo l’associazionismo e il privato sociale e gli ambulatori di medicina generale (community health).

Uno dei cardini del programma di applicazione britannico, sono i dati raccolti dal gruppo bolognese di Giovanni Fava sull'efficacia della psicoterapia. Adottando un approccio terapeutico sequenziale, la terapia cognitivo-comportamentale (TCC) è risultata efficace, sia nella diminuzione dei sintomi residuali degli episodi acuti, che del numero di recidive in 4 anni. Alla sospensione dei farmaci, le recidive sono state del 25% nei pazienti trattati con TCC e dell’80% nei pazienti seguiti con la gestione farmacologica in 2 anni, e del 40% contro il 90% nel follow-up a 6 anni (Rafanelli et al, 2007). Oltre alla TCC, sono entrate nel programma IAPT anche l'Interpersonal Therapy (IPT) e la terapia psicodinamica breve (Short-Term Psychodynamic Psychotherapy, STPP), questo a testimonianza dei sussistenza dei dati presenti in letteratura e dell'importanza di un organismo di controllo ed eccellenza come il National Institute for Clinical Excellence (NICE).


Il modello britannico sembra essere un modello applicabile, per efficacia e caratteristiche organizzative, anche alla nostra realtà, per due motivi principali:


  • la forte presenza, nel nostro contesto, di realtà appartenenti al privato sociale che accolgono la crescente domanda di cura psicologica a cui il servizio pubblico, per carenza di risorse, non riesce a rispondere;

  • l’approvazione del Decreto Legge del 30 aprile 2019, n.35 che prevede, per la prima volta, la presenza dello Psicologo negli studi dei Medici di Medicina Generale.


Alla luce dei dati presentati, PAZ si propone di:

  • Sollecitare gli interlocutori istituzionali affinché vengano elaborate nuove forme di collaborazione pubblico/privato sociale volte all'implementazione di servizi psicologici di cure primarie;

  • Ripensare il ruolo della Psicologia nel contribuire all'attuazione di un modello di Salute Mentale che pone al centro la persona e non la malattia, attraverso la costituzione di un gruppo di lavoro permanente che garantisca una riflessione costante sulla Salute Mentale e sul ruolo che in essa potrebbe svolgere la psicologia;

  • Promuovere il ruolo dello Psicologo e l’efficacia dell’intervento psicologico a livello regionale tramite iniziative informative rivolte alla cittadinanza.


1 Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, (2019). Il ruolo dello psicologo nel Piano nazionale cronicità. Quaderni del CNOP, n.2.

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