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La Psicologia nella Sanità Pubblica

Come ricerche e dati statistici mostrano, assistiamo oggi a un aumento di richieste di servizi psicologici da parte dei cittadini e all'urgenza di una presa in carico che tenga in considerazione gli aspetti squisitamente emotivi e psicologici.

Nonostante il riconoscimento che, su più livelli (istituzionali, culturali, sociali), viene attribuito alla figura dello psicologo e al suo operato, associato alle numerose ricerche che dimostrano l'impatto positivo dei trattamenti psicologici sul piano della salute individuale e su un piano pubblico/nazionale in termini di risparmio finanziario, le domande di aiuto e supporto provenienti dalla comunità rimangono inascoltate.

Diventa sempre più evidente il gap tra la domanda e l'offerta, nonché tra i bisogni espressi dal singolo e i servizi forniti dalla sanità pubblica, i quali si rivelano inadeguati.

Di chi l'onere di far fronte a questa drammatica situazione?

Non dovremmo parlare di onere, ma di veri e propri diritti e doveri.

Il diritto alla Salute, nel senso più ampio del suo significato, è contemplato dalla nostra Costituzione (art. 32) come un diritto fondamentale per l'individuo e la comunità, e lo Stato dovrebbe esserne il garante, con i mezzi e le risorse necessarie alla sua realizzazione.

Negli ultimi decenni, sono stati pensati ed elaborati numerosi protocolli, buone prassi, leggi sia a livello nazionale che internazionale, che prevedevano la presenza dello psicologo in contesti specifici di cura, i quali tuttavia non hanno portato ad una effettiva concretizzazione di quanto previsto (vedi es. “Piano d'azione nazionale per la Salute” 2013/15, “Piano nazionale della Prevenzione” “Diritti dell'infanzia e dell'adolescenza in Italia”, “Piano d'azione Europeo per la salute mentale”...).

A nostro avviso, l'esempio lampante è rappresentato dai LEA (livelli essenziali di assistenza), ovvero un insieme di servizi e prestazioni che il Sistema Sanitario Nazionale (SSN) è tenuto a fornire ai propri cittadini in forma gratuita o tramite ticket, attingendo dai fondi pubblici (le nostre tasse!)

Il 18 Marzo 2017 è stato pubblicato il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) con i Nuovi Livelli Essenziali di Assistenza, che va ad integrare il DPCM 29 Novembre 2001 il quale definiva, per la prima volta, i LEA. Tali provvedimenti rappresentano il risultato di un intenso lavoro tra stato, regioni, province autonome e società scientifiche, ed ogni regione è tenuta ad aderire e trovare le risorse necessarie affinché vi sia una concretizzazione di quanto previsto da suddetta legge.

L'assistenza Psicologica e Psicoterapeutica è parte dei Lea e, in virtù di ciò, va garantita al cittadino, il quale può accedere e ricevere trattamenti e cure coerenti con il proprio bisogno, indipendentemente dal proprio status sociale ed economico.

Nei primi LEA (2001), i servizi psicologici risultavano circoscritti a situazioni molto critiche, il che tagliava fuori parte della domanda collettiva e delimitava il nostro spazio di azione. Con l'introduzione dei nuovi LEA (2017), i bisogni psicologici diventano “diritti esigibili” al pari di altri bisogni di salute. La psicologia, intesa come servizio, amplia il suo territorio (o se ne appropria?) includendo forme gravi di psicopatologia (come avveniva già nei primi LEA), ma anche situazioni di “distress” o dolore psicologico e la prevenzione. Inoltre, la nostra presenza sarebbe prevista, all’interno del sistema sanitario, a diversi livelli: ambulatoriale, residenziale e semi-residenziale. Quest'ultimo punto potrebbe, tra l'altro, aprire a nuovi confronti istituzionali rispetto ad esempio al tanto dibattuto dgr 29 sulla residenzialità psichiatrica, approvato anni fa in Piemonte, che ha definitivamente espropriato noi psicologi da un contesto che esige la nostra presenza.

Intanto, mentre veniva elaborata e approvata l’integrazione dei LEA, precisamente il 22 Marzo 2018, veniva firmato il decreto relativo al riordino delle professioni sanitarie (Legge 3 del 2018) che ha innalzato la nostra categoria ad una vera e propria professione sanitaria.

A due anni di distanza circa da quanto sopraesposto, cosa è accaduto?

La risposta a questa domanda (piuttosto pungente!) rappresenta l'oggetto di discussione della Task Force sui Lea, comitato nazionale istituito dal CNOP (Consiglio Nazionale Ordine Psicologi) che si occupa di affrontare le criticità e avanzare proposte operative inerenti i servizi psicologici, proprio per dare concretezza a quanto previsto dalla legge.

Le problematiche evidenziate sono numerose ed evidenti agli occhi di tutti: non c'è stata, ad oggi, una attuazione di quanto proposto nei LEA e in altri protocolli citati, in termini di potenziamento dei servizi psicologici e possibilità per i cittadini di goderne in maniera accessibile. Laddove vi sia stata una presa in carico da parte del servizio pubblico, manca un organo di supervisione e monitoraggio specifico dei servizi effettivamente offerti/ricevuti. Per esempio: quante persone hanno avuto la possibilità di accedervi? Quali servizi nello specifico sono stati maggiormente richiesti? Quale l'efficacia e la qualità dei servizi? Gli utenti hanno effettivamente trovato un aiuto soddisfacente per i loro bisogni? E ancora, quali standard o indicatori renderebbero “efficace” un servizio? Chiaramente si tratta di una matassa molto complessa da districare, ma necessaria per la nostra professione e per il diritto alla salute.

Cosa può fare l'Ordine regionale?

Trattandosi di leggi e protocolli nazionali, la cui attuazione e coordinamento avviene a livello regionale e/o locale, possiamo intervenire presenziando e partecipando attivamente ai tavoli relativi alla sanità, prendere parte al dialogo istituzionale proponendo idee, punti di vista e, perché no, soluzioni. Possiamo orientare il dialogo istituzionale verso le problematiche reali e più urgenti che riguardano la nostra categoria professionale, proponendo strategie di fronteggiamento per superare le criticità emerse. Possiamo sollecitare affinché vengano elaborate nuove forme di collaborazione pubblico/privato che, da un lato, rappresentino nuove opportunità per noi professionisti e, dall'altro, giovino al cittadino che vedrà accolte le proprie sofferenze, superando la solitudine che spesso avviluppa gli individui nei momenti di criticità e di disagio.

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